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La tragedia greca. Origini, storia, rinascite - 9788884026958

di Giorgio Ieranò edito da Salerno Editrice, 2010

Informazioni bibliografiche del Libro

 

Per Schelling la tragedia «onora la libertà umana per il fatto che fa combattere il suo eroe contro la forza superiore del destino: lo lascia soccombere ma, per compensare questa umiliazione della libertà, deve lasciar espiare il delitto. Anche quello commesso per opera del destino». Per Hölderlin «il modo più semplice per comprendere il significato della tragedia è «il paradosso»: «l’originario» (ovvero la natura) «può apparire solo nella sua debolezza» attraverso un segno in sé stesso «insignificante, inefficace» (ovvero l’uomo) che, tuttavia, «è rappresentazione dell’originario medesimo». Per Hegel «il tema vero e proprio della tragedia è il divino quale compare nel mondo, nell’agire individuale di forze che avanzano le une contro le altre in reciproca conchiusione» avendo, prese per sé, «una loro legittimità» nonostante il loro fine sia «la negazione e la violazione l’una dell’altra». Per Goethe il tragico «si fonda su una opposizione non ricomponibile»; per Schopenhauer «è il sorgere della conoscenza che il mondo e la vita non possano concedere vera soddisfazione» mentre Kierkegaard chiosa: «Il tragico è la contraddizione sofferente. La concezione tragica vede la contraddizione e dispera di trovare la via d’uscita». La tragedia, da quando è la tragedia (ovvero dal quinto secolo che precede la nascita dell’era di Cristo) pizzica lanima agli uomini, al destino degli uomini, alla comprensione intima che gli uomini hanno di sè.

Recensione Unilibro a cura di Alex Toppi

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"La tragedia greca. Origini, storia, rinascite"
La tragedia è degli uomini
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Per Schelling la tragedia «onora la libertà umana per il fatto che fa combattere il suo eroe contro la forza superiore del destino: lo lascia soccombere ma, per compensare questa umiliazione della libertà, deve lasciar espiare il delitto. Anche quello commesso per opera del destino». Per Hölderlin «il modo più semplice per comprendere il significato della tragedia è «il paradosso»: «l’originario» (ovvero la natura) «può apparire solo nella sua debolezza» attraverso un segno in sé stesso «insignificante, inefficace» (ovvero l’uomo) che, tuttavia, «è rappresentazione dell’originario medesimo». Per Hegel «il tema vero e proprio della tragedia è il divino quale compare nel mondo, nell’agire individuale di forze che avanzano le une contro le altre in reciproca conchiusione» avendo, prese per sé, «una loro legittimità» nonostante il loro fine sia «la negazione e la violazione l’una dell’altra». Per Goethe il tragico «si fonda su una opposizione non ricomponibile»; per Schopenhauer «è il sorgere della conoscenza che il mondo e la vita non possano concedere vera soddisfazione» mentre Kierkegaard chiosa: «Il tragico è la contraddizione sofferente. La concezione tragica vede la contraddizione e dispera di trovare la via d’uscita». La tragedia, da quando è la tragedia (ovvero dal quinto secolo che precede la nascita dell’era di Cristo) pizzica lanima agli uomini, al destino degli uomini, alla comprensione intima che gli uomini hanno di sè.