La mia Africa - 9788807012891

Un capolavoro che rimane nel cuore. una donna ci racconta gli anni più intensi della sua vita e il suo amore incondizionato per la natura, le persone, il suo uomo. La separazione dal continente amato è dolorosa ma non pone fine al suo grande sentimento.

Romanzo autobiografico della scrittrice danese Karen Blixen che ci racconta l’Africa del XX secolo attraverso i suoi occhi di europea colonizzatrice conquistata da questa terra. Blixen si trasferisce col marito in una fattoria in Kenia, di cui diventa la conduttrice; l’attività principale è la coltivazione del caffè basata sulla collaborazione della comunità di indigeni che vive presso di essa. Col tempo la donna si occupa anche della gestione di una scuola e della dispensazione di cure mediche. Nel romanzo si ripercorrono numerosi avvenimenti della permanenza di Blixen in Africa, raramente descritti in ordine cronologico, d’altronde il lettore deve capire quanto la dimensione temporale non conti nulla per l’autrice, catturata da un mondo senza ritmi nè riferimenti. Molti di questi episodi riguardano la vita degli indigeni. Altri riguardano incontri con altri europei, fra i quali spicca la figura di Denys Finch Hatton, un cacciatore, con cui Blixen vive una relazione romantica, che non viene mai descritta in termini espliciti. Nonostante non si tratti di un romanzo con intento pedagogico risulta essere altamente anti-razzista, semplicemente perchè questo sentimento non trova posto se messo a confronto con la grandiosità delle immagini e dei sentimenti evocati. Il vero centro di questo classico è però il rapporto con il continente misterioso e familiare, crudele e materno, spaventoso e affascinante. L’amore di Blixen per l’Africa si riflette nel suo sentimento di amicizia verso il leale domestico, di protezione verso il giovane ragazzo africano, di fascinazione verso la natura selvaggia e meravigliosa, di trascendenza nel sentirsi più vicina a Dio in quel luogo ancora puro e originale. L’entità astratta dell’Africa diventa sempre più palpabile nella mente del lettore, viene lentamente a prendere le sembianze di una sorta di divinità dalle fattezze umane, senza che l’autrice faccia mai cenno a una metafora di questo tipo. Romanzo imperdibile, da leggere almeno una volta nella vita, se non altro per provare quel senso di mal d’Africa "virtuale", anche solo per un secondo, leggendo la frase preferita.

Romanzo autobiografico della scrittice danese Karen Blixen che ci racconta l’Africa del XX secolo attraverso i suoi occhi di europea colonizzatrice conquistata da questa terra. Blixen si trasferisce col marito in una fattoria in Kenia, di cui diventa la conduttrice; l’attività principale è la coltivazione del caffè basata sulla collaborazione della comunità di indigeni che vive presso di essa. Col tempo la donna si occupa anche della gestione di una scuola e della dispensazione di cure mediche. Nel romanzo si ripercorrono numerosi avvenimenti della permanenza di Blixen in Africa, raramente descritti in ordine cronologico, d’altronde il lettore deve capire quanto la dimensione temporale non conti nulla per l’autrice, catturata da un mondo senza ritmi nè riferimenti. Molti di questi episodi riguardano la vita degli indigeni. Altri riguardano incontri con altri europei, fra i quali spicca la figura di Denys Finch Hatton, un cacciatore, con cui Blixen vive una relazione romantica, che non viene mai descritta in termini espliciti. Nonostante non si tratti di un romanzo con intento pedagogico risulta essere altamente anti-razzista, semplicemente perchè questo sentimento non trova posto se messo a confronto con la grandiosità delle immagini e dei sentimenti evocati. Il vero centro di questo classico è però il rapporto con il continente misterioso e familiare, crudele e materno, spaventoso e affascinante. L’amore di Blixen per l’Africa si riflette nel suo sentimento di amicizia verso il leale domestico, di protezione verso il giovane ragazzo africano, di fascinazione verso la natura selvaggia e meravigliosa, di trascendenza nel sentirsi più vicina a Dio in quel luogo ancora puro e originale. L’entità astratta dell’Africa diventa sempre più palpabile nella mente del lettore, viene lentamente a prendere le sembianze di una sorta di divinità dalle fattezze umane, senza che l’autrice faccia mai cenno a una metafora di questo tipo. Romanzo imperdibile, da leggere almeno una volta nella vita, se non altro per provare quel senso di mal d’Africa "virtuale", anche solo per un secondo, leggendo la frase preferita.