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Evoluzione storica e tecnica del segnalamento ferroviario italiano - 9788885068292

di Cristiano Zenato edito da ETR, 2006

  • Prezzo di Copertina: € 39.00
  • € 44.00
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Informazioni bibliografiche del Libro

  • Titolo del Libro: Evoluzione storica e tecnica del segnalamento ferroviario italiano
  • AutoreCristiano Zenato
  • Editore: ETR
  • Data di Pubblicazione: 2006
  • Genere: ingegneria e attivita affini
  • Pagine: 210
  • ISBN-10: 8885068294
  • ISBN-13:  9788885068292

 

Un aspetto curioso di quanti vengono identificati come “appassionati di treni e ferrovie” è che prima o poi ciascuno nell’ambito della propria passione sceglie negli anni una specifica tematica di approfondimento a cui dedicarsi, orientando cioè il proprio interesse e la propria voglia di saperne di più: ciò è originato dall’enorme varietà di ambiti culturali coinvolti quando si parla genericamente di treni o di ferrovie. A differenza di alcuni amici interpellati che non attribuiscono a situazioni ben precise l’origine delle loro specifiche passioni ferroviarie, personalmente ricordo invece con molta esattezza la circostanza che ha fatto scattare in me la molla dell’interesse per i segnali ferroviari: potrei definirla come una manciata di minuti rimasti «incastrati» nella mia memoria fin da ragazzino, un ricordo che mi porterò dentro per sempre con quella punta di nostalgia tipica di quando si pensa a particolari momenti del proprio passato, retaggi di un mondo ormai trascorso e destinato a vivere soltanto nella memoria di ciascuno di noi. Avevo infatti dodici o tredici anni ed un pomeriggio estivo di fine anni ’70 stavo passeggiando con mia nonna lungo Via Capodistria, una stradina della periferia di Udine che tutt’oggi fiancheggia per un breve tratto la linea Pontebbana, all’epoca separata dalla strada da una serie di fili spinati arrugginiti seminascosti dall’erba alta e da qualche gelso sul ciglio. Da questo tratto stradale si scorgeva un segnale luminoso a due luci che a stento emergeva dalla cortina di foglie antistanti: si trattava del vecchio avviso lato Udine del Posto di Movimento «Vat» (tale segnale da anni è stato poi rimosso da quel punto della linea, sostituito da un modello di ultima generazione ed avvicinato alla stazione di Udine di poche centinaia di metri). Scorgendo con piacere il segnale disposto al verde anziché al consueto giallo, avevo subito deciso di interrompere momentaneamente la passeggiata per godermi il transito del treno che sarebbe di certo sopraggiunto da lì a poco. Detto, fatto: nel giro di due minuti, a pochi metri di distanza il rombo cupo e frastornante di una E.626 in pieno spunto con una teoria interminabile di carri Interfrigo sferraglianti per Tarvisio stava già saturando l’aria, ed alcuni istanti dopo il transito dell’ultimo vagone, ecco accadere «il fatto»: il segnale da verde era tornato al solito giallo, ma in quale maniera ? E’ stato infatti proprio questo piccolo dettaglio l’origine storica della mia futura passione: la luce da verde era cioè passata in modo graduale a quella gialla con un movimento laterale inaspettatamente “morbido”, come se una sorta di palpebra interna si fosse mossa delicatamente nell’occhio superiore del segnale trascinando con sé il giallo ed allontanando il verde: cosa stava dunque accadendo? Mi sarebbe piaciuto veramente moltissimo poter vedere la mia espressione in quel momento, immobile in mezzo alla strada con gli occhi sbarrati verso il segnale e con mia nonna cinquanta metri più avanti che mi chiamava ripetutamente inveendo in friulano contro i treni… ma cosa c’era veramente dentro quel segnale??? Questa domanda da allora me la sono spesso posta per lunghi anni; ricordo tra l’altro anche l’amara delusione provata quando un amico capostazione - dopo le mie implorazioni per fargli schiudere lo sportello di un segnale in modo da osservarne l’interno - mi fece scoprire con infinito disappunto che anche a sportello aperto non c’era la visibilità dei meccanismi che tanto m’interessavano. Altri lunghi anni sono ancora dovuti trascorrere prima di avere definitivamente la possibilità di osservare una sera - buttando casualmente l’occhio in una bacheca del Museo Ferroviario di Verona P. Vescovo che frequentavo come collaboratore - un vecchio relè-schermo FS per segnali luminosi aperto in esposizione, scoprendo così una volta per tutte com’era fatta quella palpebra che avevo visto in funzione da bambino in via Capodistria…

Recensione Unilibro a cura di cizeta65

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"Evoluzione storica e tecnica del segnalamento ferroviario italiano"
Estratto dalla prefazione dell’Autore
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Un aspetto curioso di quanti vengono identificati come “appassionati di treni e ferrovie” è che prima o poi ciascuno nell’ambito della propria passione sceglie negli anni una specifica tematica di approfondimento a cui dedicarsi, orientando cioè il proprio interesse e la propria voglia di saperne di più: ciò è originato dall’enorme varietà di ambiti culturali coinvolti quando si parla genericamente di treni o di ferrovie. A differenza di alcuni amici interpellati che non attribuiscono a situazioni ben precise l’origine delle loro specifiche passioni ferroviarie, personalmente ricordo invece con molta esattezza la circostanza che ha fatto scattare in me la molla dell’interesse per i segnali ferroviari: potrei definirla come una manciata di minuti rimasti «incastrati» nella mia memoria fin da ragazzino, un ricordo che mi porterò dentro per sempre con quella punta di nostalgia tipica di quando si pensa a particolari momenti del proprio passato, retaggi di un mondo ormai trascorso e destinato a vivere soltanto nella memoria di ciascuno di noi. Avevo infatti dodici o tredici anni ed un pomeriggio estivo di fine anni ’70 stavo passeggiando con mia nonna lungo Via Capodistria, una stradina della periferia di Udine che tutt’oggi fiancheggia per un breve tratto la linea Pontebbana, all’epoca separata dalla strada da una serie di fili spinati arrugginiti seminascosti dall’erba alta e da qualche gelso sul ciglio. Da questo tratto stradale si scorgeva un segnale luminoso a due luci che a stento emergeva dalla cortina di foglie antistanti: si trattava del vecchio avviso lato Udine del Posto di Movimento «Vat» (tale segnale da anni è stato poi rimosso da quel punto della linea, sostituito da un modello di ultima generazione ed avvicinato alla stazione di Udine di poche centinaia di metri). Scorgendo con piacere il segnale disposto al verde anziché al consueto giallo, avevo subito deciso di interrompere momentaneamente la passeggiata per godermi il transito del treno che sarebbe di certo sopraggiunto da lì a poco. Detto, fatto: nel giro di due minuti, a pochi metri di distanza il rombo cupo e frastornante di una E.626 in pieno spunto con una teoria interminabile di carri Interfrigo sferraglianti per Tarvisio stava già saturando l’aria, ed alcuni istanti dopo il transito dell’ultimo vagone, ecco accadere «il fatto»: il segnale da verde era tornato al solito giallo, ma in quale maniera ? E’ stato infatti proprio questo piccolo dettaglio l’origine storica della mia futura passione: la luce da verde era cioè passata in modo graduale a quella gialla con un movimento laterale inaspettatamente “morbido”, come se una sorta di palpebra interna si fosse mossa delicatamente nell’occhio superiore del segnale trascinando con sé il giallo ed allontanando il verde: cosa stava dunque accadendo? Mi sarebbe piaciuto veramente moltissimo poter vedere la mia espressione in quel momento, immobile in mezzo alla strada con gli occhi sbarrati verso il segnale e con mia nonna cinquanta metri più avanti che mi chiamava ripetutamente inveendo in friulano contro i treni… ma cosa c’era veramente dentro quel segnale??? Questa domanda da allora me la sono spesso posta per lunghi anni; ricordo tra l’altro anche l’amara delusione provata quando un amico capostazione - dopo le mie implorazioni per fargli schiudere lo sportello di un segnale in modo da osservarne l’interno - mi fece scoprire con infinito disappunto che anche a sportello aperto non c’era la visibilità dei meccanismi che tanto m’interessavano. Altri lunghi anni sono ancora dovuti trascorrere prima di avere definitivamente la possibilità di osservare una sera - buttando casualmente l’occhio in una bacheca del Museo Ferroviario di Verona P. Vescovo che frequentavo come collaboratore - un vecchio relè-schermo FS per segnali luminosi aperto in esposizione, scoprendo così una volta per tutte com’era fatta quella palpebra che avevo visto in funzione da bambino in via Capodistria…